Spazi stretti, stanze piccole, poca luce di giorno, radiatori obsoleti: una casa degli anni 50 non risanata è un relitto di un’epoca passata. Quasi tutte le case residenziali costruite prima del 1980 – 1990 mostrano notevoli punti deboli in termini energetici. Fino a 4000 litri di olio da riscaldamento all’anno e un fabbisogno di energia primaria di circa 60 000 chilowattora non sono insoliti per i vecchi immobili. Di solito, il consumo viene espresso in termini di energia primaria, come irraggiamento solare o petrolio.
Ma le recenti innovazioni nella tecnica degli edifici ed energetica non hanno paragoni nella storia: una nuova casa residenziale del 2014, a parità di superficie abitativa, ha bisogno di un settimo dell’energia rispetto a mezzo secolo fa. La combustione di carburanti fossili viene meno e l’emissione di CO2 dovuta al funzionamento e all’approvvigionamento si riduce a una frazione del valore precedente. Per un mutamento energetico globale si deve puntare sugli edifici esistenti. Infatti, tra il 40 e il 50 % del fabbisogno energetico totale e delle dannose emissioni di CO2 in Svizzera sono a carico degli edifici.
Progetti ambiziosi per il 2050
«In futuro saranno possibili addirittura case a energia zero», spiega Urs Rieder, professore di tecnica degli edifici presso la Scuola superiore di Lucerna. In tal senso bisogna tuttavia considerare che ogni edificio ha necessariamente bisogno di energia esterna per il funzionamento del riscaldamento ovvero per la pompa di calore, gli impianti domestici e l’illuminazione. Con pompe di calore efficienti che necessitano di una quantità minima di corrente per funzionare, ma anche grazie al fotovoltaico o a collettori ibridi, è possibile produrre energia direttamente in loco. La pompa di calore sfrutta l’energia dell’acqua o del suolo, mentre il fotovoltaico trasforma l’energia solare in corrente. In futuro dovrebbe quindi essere possibile un bilancio netto in pari: in un anno l’edificio produce tanta energia quanta ne riceve dall’esterno.
«La tendenza va in questa direzione», Rieder ne è convinto. Nell’UE dal 2020 si potranno progettare nuove costruzioni soltanto come edifici a emissioni zero. La politica energetica svizzera richiede inoltre che in futuro gli edifici necessitino di molta meno energia ed emettano meno CO2 dannosi. I cantoni inaspriranno ancora sensibilmente le disposizioni per i nuovi edifici fino al 2020. Entro il 2050, inoltre, i vecchi edifici dovrebbero essere totalmente risanati. Con le nuove costruzioni, grazie alle innovazioni tecniche, si è già a buon punto. Ma per i vecchi edifici c’è molto da fare. «Soprattutto per le facciate il tasso di risanamento e ristrutturazione è ancora troppo basso affi nché tutti i vecchi edifi ci siano riconvertiti entro 50 anni», riferisce Thomas Ammann, responsabile del reparto per la tecnica energetica e costruttiva dell’Associazione svizzera dei proprietari fondiari (APF).
Pompa di calore, non impianti enormi
Nella gestione degli edifi ci più vecchi, che rappresentano la maggior parte di tutte le costruzioni in Svizzera, è necessaria una strategia chiara. Di solito si attuano singoli provvedimenti scoordinati, piuttosto che considerare la complessa correlazione tra diversi elementi come finestre, tetto, facciata, isolamento termico e riscaldamento. «Se un vecchio riscaldamento si rompe, in caso di riparazione o sostituzione bisogna tenersi aperte le opzioni future», consiglia Urs Rieder. Ha poco senso installare un impianto di riscaldamento troppo grande se dopo pochi anni viene migliorato l’isolamento termico della facciata e diminuisce il fabbisogno di calore.
Se è comunque indispensabile intervenire sul riscaldamento, si può passare già oggi a una pompa di calore moderna. Le pompe di calore recuperano l’energia per il riscaldamento o il raffreddamento dall’ambiente (aria, acqua o suolo). Questi impianti sono stati testati mille volte in Svizzera e risultano robusti e convenienti sia in termini di funzionamento che di manutenzione. Se si dispone di un piano di risanamento più a lungo termine, si può modernizzare l’edificio successivamente per tappe: finestre, facciata, isolamento termico e tetto. «A lungo termine tutte le case, quindi anche gli edifici più vecchi, dovrebbero evolversi verso la Società a 2000 Watt», sottolinea Rieder. Ma è essenziale non commettere errori di pianificazione.
«Se è comunque prossimo un risanamento con diversi provvedimenti coordinati, col tempo i risanamenti energetici si pagano da soli», sa bene Ammann dell’APF. In termini di sostenibilità ed efficienza dei costi si dovrebbero conoscere e considerare i diversi cicli di vita degli edifici.
Più di un risanamento minimo
Un impianto di riscaldamento dura tra i 20 e i 25 anni, le finestre tengono per 25 o 30 anni, la maggior parte delle facciate dura anche più a lungo. «Ma non ha comunque senso sostituire elementi funzionanti ancora privi di ammortamento ecologico», pensa Rieder. Per questo spesso vale la pena farsi consigliare da esperti. Consulenti energetici, architetti e progettisti in tecnica degli edifici e riscaldamento sono i referenti giusti.
Se serve una licenza edilizia per nuovi edifici o ristrutturazioni, oggi vanno rispettati determinati valori indicati dalla Legge sull’energia. «Visto a lungo termine è irragionevole orientarsi soltanto al minimo in caso di investimenti», dice Ammann. Nella pianificazione occorre considerare anche le intenzioni personali nella propria vita, la futura necessità di spazio o, in caso di immobili in locazione, la futura domanda sul mercato delle locazioni.
Rieder non ha dubbi: le esigenze personali e il cambiamento energetico devono essere in armonia. «Già oggi tecnicamente si possono realizzare edifici che producono al netto più corrente di quella che serve loro per funzionare e praticamente non emettono CO2.»
23.04.2014, Jürg Zulliger (testo) und Luca Schenardi (illustrazione)